giovedì 15 gennaio 2009

Nella "Poetica" di Aristotele

Il primo a dare suggerimenti su come allestire una trama avvincente è stato Aristotele (384-322 a.C.). Nel suo libro "Poetica" (che parla di poemi e teatro tragico) ci dà due gruppi di utilissime indicazioni:
1) possiamo dividere ogni storia in tre atti: un primo atto di presentazione dei personaggi e della situazione; un secondo atto di esplosione di un conflitto o un problema; un terzo atto di scontro fra i protagonisti e il nuovo equilibrio ottenuto; Aristotele chiama questi tre momenti pròtasi, èpistasi e catastrofe (!); in realtà, questa è un’interpretazione successiva, probabilmente italiana e francese tra il 1500 e il 1600… la tragedia greca era composta di cinque atti: prologo, monologo, dialogo, apologo ed epilogo: un'utilissima traccia, un solido telaio anche per i drammaturghi di oggi;
2) per mettere insieme un buon spettacolo sono necessari sei elementi:
- il personaggio, cioè l’elemento umano da seguire e in cui identificarsi: l’uomo e/o la donna che nel bene e nel male attirano la nostra simpatia, di cui seguiamo le vicende, di cui siamo curiosi approfondire la psicologia e le vicende;
- l’idea, cioè l’argomento della storia: l’amore, la lotta per il denaro, il conflitto fra generazioni, la guerra, il destino umano, il denaro, la risata… la tematica generale entro cui inserire la storia; c’è un’idea anche quando non c’è, quando la storia pare solo far ridere o assorbire dal thrilling;
- la trama, cioè le azioni e gli eventi che si susseguono: la loro concatenazione, l’aprirsi di varianti e trame secondarie, la suspence e l’attesa, la logica di un’azione che ne segue un’altra, il risolversi di una situazione intricata;
- il linguaggio, cioè lo stile con cui i personaggi si esprimono, il ritmo dello svolgimento, l’atmosfera psicologica e storica, la preparazione originale di luoghi, scenografie; lo sguardo particolare con cui il regista approfondisce, il progetto della luce, il suono, il ritmo del montaggio;
- la musica, cioè il commento emotivo, che già lo sceneggiatore e il drammaturgo possono comunque immaginare;
- la spettacolarità, cioè i momenti emozionalmente e stilisticamente forti, gli effetti speciali, i colpi di genio scenici, la sorpresa.
Sono tutti elementi che già l'autore può vedere, e che il regista troverà come rendere e restituire sullo schermo o in scena.
Privilegiando o dimenticando uno di questi aspetti, il film o la pièce rischiano grosso: possono risultare piatti, monocordi, a una sola dimensione, senza apprezzabile sviluppo.
Ricordiamo che il cinema è l’ultima arte… ma anche quella che riunisce le sette precedenti. E che questo l’abbia intuito un uomo del 2.400 a.C. è veramente sorprendente. Ci si potrebbe fare un film…

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